Domenica alle 15 va in scena il derby della Capitale, Roma-Lazio. Ecco una carrellata sulle grandi stracittadine d'Italia e del Mondo.
Due squadre, una città, novanta minuti che decretano non solo vittoria o sconfitta, ma scritte sui muri, sfottò, cori e quant’altro. Superiorità cittadina dal sapore medievale che dura giorni, dura mesi, dura almeno sino alla partita successiva. Una partita. Attesa, sentita, aspettata, sognata, amata, vissuta, in alcune città è la sfida dell’anno, in altre è importante, ma nemmeno poi tanto, in molte è aperta ad ogni risultato, in tutte non sono solo novanta minuti. C’è quello della Madonnina, a Milano, quello della Mole a Torino, quello della Scala a Verona, quello della Lanterna, a Genova, e poi quello della Capitale, il più bello di tutti, il più colorato di tutti, il più sentito di tutti. Ed è domani. Ore 15. Stadio Olimpico. Se sarà Lupa o Aquila lo si vedrà. È il Derby, bellezza.
Origine e stracittadine - Derby da The Derby, corsa equestre ideata da sir Edward Stanley, duca di Derby, il 4 maggio 1780. Diventata in pochi anni la corsa equestre per antonomasia, è stato facile e immediato estenderne il nome al calcio, lo sport inglese per antonomasia: la partita per antonomasia. Londra è la capitale mondiale delle stracittadine. Quattordici squadre, attualmente sei in Premier League, quattro in Football League Championship, la Serie B inglese. Il più importante Arsenal-Chelsea, The London Derby. Ma Arsenal – West Ham, Chelsea – West Ham, Arsenal – Tottenham, Chelsea - Tottenham, seguono a brevissima distanza. Ma il più caldo e infuocato è dall’altra parte del mondo: Argentina, Buenos Aires, il superclasico Boca – River.
Stracittadine d’Italia – In questa Serie A ce ne sono cinque. Roma, Milano, Verona, Torino e Genova, andato in scena domenica scorsa. Sampdoria – Genoa 0-3, e doriani zitti e sommersi dagli urrà dei grifoni. Alla sesta giornata sotto la Mole ci sarà il derby meno equilibrato. Da una parte il popolano Torino, dall’altra l’aristocratica Signora, la Juventus. Al Toro la vittoria manca dal 9 aprile 1995, doppietta di Rizzitelli e gol finale di Angloma. Lontani sono i tempi di Pulici e Graziani, Zaccarelli e Terraneo, quando i granata facevano vedere i sorci verdi ai bianconeri di Zoff, Tardelli, Causio e Bettega. Altri tempi. Lontani come quelli dell’ultima e unica coppia di stracittadine veronesi in Serie A. Annata 2001-2002, all’andata l’Hellas si impone 3-2, al ritorno l’apoteosi Chievo che con una doppietta di Federico Cossato rimontano e aprono la crisi butea che si concluderà con la retrocessione.
Roma capitale – A Roma il derby vale una stagione intera. Poco importa se si finisce davanti in campionato, poco importa se la stagione è stata fallimentare o eccezionale. È il derby che conta. Il primo l’8 dicembre 1929, Stadio della Rondinella, quartiere Flaminio, la prima casa laziale, poi lasciata per giocare nello Stadio del Partito Nazionale Fascista. Lazio – Roma 0-1, segna Volk e i cronisti di allora parlarono di pianti e singhiozzi in tribuna. Il 28 ottobre 1979 il più tragico. Sul campo si assiste ad uno scialbo 1-1, quando un razzo colorato parte dalla curva della Roma e finisce nell’occhio di Vincenzo Paparelli che muore sul colpo. Poi arrivano gli anno ’80, la Roma di Falcao e la Lazio in Serie B, gli anni ’90 e le quattro vittorie in un anno della Lazio di Sven Goran Erikson. Gli scudetti, uno per parte, sino al minuto ’71 del Derby finale di Coppa Italia, annata 2012-2013, quando Lulic spense i sogni romanisti e accese quelli Laziali. Doppia soddisfazione e doppia beffa.
Rivalità – L’Italia però è luogo di campanilismi e se non sei in città il tuo derby te lo trovi lo stesso, perché uno in più non fa mai male e il tifo non ha confini cittadini. Ecco quindi il Derby d’Italia, tra Juve e Inter, quello delle isole, tra Palermo e Cagliari, quello del Sole, tra Napoli e Roma, quello di Puglia, tra Bari e Lecce, quello del Tirreno tra Livorno e Pisa, quello dell’Appennino, tra Fiorentina e Bologna, quello veneto tra Vicenza e Verona e quello della Serenissima tra Treviso e Venezia. Noi italiani non ci facciamo mancare niente, per ogni campana la sua dose di soddisfazione calcistica.