In Colombia i nostri portacolori cercheranno di salvare l'onore di una disciplina che ci ha regalato tanti successi, ma che sta attraversando una crisi che non sembra avere fine.
È tempo di Mondiali. A Cali, Colombia scattano oggi dai blocchi di partenza i Campionati del Mondo di ciclismo su pista. Anzi, dovrebbero scattare, perché il condizionale è d’obbligo dopo il nubifragio che ha colpito la città sudamericana ieri pomeriggio che ha allagato parte del velodromo, scoperto, che ospiterà la manifestazione.
Sos maltempo – Il primo titolo, dei 19 in palio da oggi a domenica 2 marzo, sarà quello dell’inseguimento a squadre maschile. Due squadre per quattro chilometri su di un ovale da 400 metri, 10 giri totali, partenza da fermo e via alla ricerca della velocità massima. L’Italia, con i professionisti Coledan e Viviani, e i dilettanti Simion e Bertazzo, ha ambizioni (poche, ma non esigue) di medaglia. Sarà impresa ardua ma i ragazzi azzurri hanno cuore e polmoni giusti per provare a sovvertire i pronostici. Ma gli occhi e la mente dei quattro saranno rivolti al cielo più che alla pista. Rimane infatti alto il rischio precipitazioni e, data l’assenza di una copertura del velodromo colombiano il programma della manifestazione potrebbe riservare più di una sorpresa. Lanciarsi infatti a oltre 60 km/h su di una pista in legno è già difficile normalmente, con la pioggia e l’umidità diventa impossibile, se non suicida.
Speranze azzurre – Due nomi. Un uomo e una donna in stile Renzi, pari opportunità. L’Italia si affida a Elia Viviani e Giorgia Bronzini per cercare di evitare lo zero nella casella medaglie, come era già successo nei mondiali di due e quattro anni fa a Melbourne e Ballerup (Danimarca). Sono loro infatti i nostri migliori atleti, loro i capisaldi di un movimento che continua ad attraversare una grave e ormai costante crisi. Il veronese della Cannondale proverà a lanciare i compagni dell’inseguimento a squadre per trovare poi convinzione e motivazione per affrontare al meglio le due prove alle quali tiene di più: lo scratch (15 km con partenza in linea e traguardo finale con possibilità di guadagnare e perdere giri) dove fu medaglia d’argento ai mondiali del 2011, e la corsa a punti (gara di 30 km nella quale si deve cercare di totalizzare più punti possibile negli sprint intermedi ogni 2 km). Assieme a Coledan punterà inoltre alla Americana, dove però per battere francesi, britannici e australiani servirà un vero e proprio miracolo. Per la velocista piacentina invece l’obbiettivo principale è il podio nella corsa a punti. Il suo bronzo l’anno scorso a Minsk salvò la spedizione azzurra dalla débâcle, quest’anno proverà a ripetersi.
Pistard cercasi – Quaranta velodromi, alcuni in situazioni disperate, il Vigorelli, padre e amore della pista italiana, più morto che vivo, anzi ormai sepolto dai tentativi di speculazione, così come il Ganna-Ossola a Varese. Ma soprattutto una Federazione che non sa programmare un recupero della pista, che la lascia stesa in coma, preferendo festeggiare i miracoli di campioni loro malgrado, piuttosto che provare a crearne. “Manca programmazione, manca un piano”, sottolinea Antonella Bellutti, ultima campionessa olimpica italiana nella corsa a punti a Sidney 2000, “la Federazione non investe più in questa disciplina, non agevola la formazione, ha eliminato stage in pista e tolto i finanziamenti per il mantenimento di un sistema adeguato di avviamento dei giovani a questo sport. È un peccato – conclude - soprattutto se si prende in considerazione il nostro passato glorioso”.
Giovanni Battistuzzi