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22.03
Ciclismo: ecco la Milano-Sanremo, il Mondiale di Primavera

Saltata la Pompeiana, la nuova salita che gli organizzatori aveva inserito nel percorso, la Classicissima ritorna al percorso del 2007. Sprinter favoriti, ma le insidie sono sempre tante.

Può essere musica, senz’altro la Primavera di Vivaldi, può esser immagine, sicuramente Chiappucci da solo, incredulo, commosso dopo una giornata in fuga con Sorensen, può essere storia infinita, di fughe ovviamente, come Coppi nel 1946, o lampo accecante, Cipollini e il suo sprint zebrato. Può essere facce, colori, gioia, imprese, può essere noia, paura di scattare che tanto sarà sprint. Sicuramente è tattica, trovare il punto giusto per mollare tutti, coraggio e incoscienza, quello che si deve avere per scendere a novanta all’ora giù dal Poggio. Sicuramente è storia, 107 anni, da Petit Breton a Ciolek. È la Milano-Sanremo.

Doveva fare un passo avanti, ne ha fatto uno indietro di sette anni. Era il 2007 e Freire sfrecciò sul lungomare di Sanremo regolando tutto il gruppo, compatto, abbracciato, allungato in processione per adorare la sacra bicicletta della riviera. Dieci anni prima, nel 1997 allungarono l’arrivo. Non più Corso Cavallotti, esattamente dove finisce la discesa del Poggio e inizia la piana sanremese, ma il Lungomare, molto più bello scenograficamente, molto meno interessante sportivamente. Iniziò la grande saga degli sprinter. Di Zabel e del suo poker, di Cipollini nell’anno magico 2002 quello delle sei vittorie al Giro e del Mondiale di Zolder, sino al Freire II e a quello sprint eccezionale.

Gli organizzatori avevano pensato di indurire la Sanremo, avevano scovato la Pompeiana tra Cipressa e Poggio, l’avevano inserita nel percorso. Musi lunghi dei velocisti, sorrisi enormi dei cacciatori di classiche. Di cambiamenti già ce ne erano stati, il Poggio nel 1960, la Cipressa nel 1982, a togliere importanza al vecchio e ormai bistrattato Capo Berta, ma questo sarebbe stato forse troppo, avrebbe voluto dire eliminare dalla lista dei possibili vincitori le ruote veloci. Eresia. Blasfemia. Le frane, la Pompeiana interrotta, ritorno all’antico, al classico percorso del Mondiale di Primavera. Quindi ancora velocisti favoriti. Sempre che sprint sia. Perché la Sanremo è sì facile a veder l’altimetria ma mai è stata scontata. Il terreno è quello che è, la salsedine sulla strada, le strade strette nel finale, il vento, a volte in faccia a volte a favore e infine, soprattutto le gambe. Quelle ci vogliono, perché quasi 300 sono i chilometri, perché per andarsene o inseguire ci vogliono forza e testa, perché ci sono sempre Poggio e Cipressa a decider fortune e sventure.

Quando si parla di sprint è naturale pensare a Cavendish, perché è il più forte in volata, perché è in forma, come ha dimostrato alla Tirreno, perché ha Petacchi come apripista che la Sanremo l’ha vinta, perché anche lui una è riuscito a portarla a casa. Il buon senso, forse, dice altro. Peter Sagan. Veloce, resistente sugli strappi, potente quanto basta per non aver paura di 300 chilometri. Oppure Degenkolb che non molla mai, Greipel, l’anti-Cannonball, oppure Ciolek, campione in carica.

La Sanremo, per sua natura, è però un mistero e al termine della discesa del Poggio ci si può imbattere in qualsiasi situazione. Il discrimine è quanto le squadre dei non velocisti avranno voglia e modo di rendere dura la corsa sul Turchino, il punto più alto del percorso, sui tre Capi e soprattutto sulla Cipressa. Ecco quindi che sottovalutare le possibilità di Nibali, dei Gilbert, dei Gerrans, degli Ulissi e di tutti gli altri può essere un errore da non commettere. L’ordito è pronto, la trama la faranno i corridori. Come sempre.

Giovanni Battistuzzi



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