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19.04
Ciclismo: inizia la settimana delle Ardenne

Domani si inizia con l'Amstel, mercoledì Freccia Vallone, domenica prossima arriva la Doyenne, la mitica Liegi-Bastogne-Liegi

È un cambio di teatro, di scenario, di protagonisti. Escono di scena le pietre, i funamboli del pavé, le Fiandre di tessuti e di pedali; si scende, il francese si fa tedesco, i panorami smeraldini, le salite si allungano, asfaltate, dure allo stesso modo. Ma è altra cosa, altro fascino, non più d’annata, o come va di moda adesso, vintage, ma cosa più moderna più vicina all’oggi, anche se è comunque storia antica, secolare in qualche caso. Ecco le Ardenne, l’ultima settimana, almeno per quest’anno, per provare a mettere in bacheca una classica del nord. Tre possibilità ancora. E sono ghiotte, affascinanti, prestigiose, valgono da sole una carriera, ognuna a loro modo. Si inizia domenica 20, che è Pasqua di resurrezione, con l’Amstel Gold Race, che è Olanda e soprattutto birra, si continua mercoledì 23 con la Freccia Vallone, si chiude infine domenica prossima, 27 aprile, con la Liegi-Bastogne-Liegi.

Otto giorni quindi. Tre possibilità per dare un segnale, un significato ai chilometri sinora percorsi. Otto giorni che saranno probabilmente bagnati, sicuramente combattuti, certamente un escalation di storia e prestigio. Si parte dai Paesi Bassi, dal Limburgo e dal Limburgo non si esce. Strade strette, nervose, piene di incognite: tensione ed occhi aperti, sempre. Ecco l’Amstel, la più giovane tra le classiche, alla 49a edizione appena, una novellina, quasi. Palmeres comunque importante e spettacolo garantito, forse per altimetria e colpo d’occhio la meno bella, sicuramente la più incerta. Negli ultimi 60 chilometri ogni metro è buono per un colpo di mano, di rettilinei non ce ne sono e la squadra conta meno che altrove. Ci vogliono gambe e occhi aperti.

L’appuntamento infrasettimanale riporterà i corridori in Belgio. Ardenne vere queste, Belgio da cotês e muscoli fini, da scattisti indiavolati. Prima Freccia, poi Liegi, come è sempre stato, almeno dal 1936, da quando venne disputata la l’edizione numero uno della Flèche. Una piccola Liegi all’inizio, giusta per provare la gamba per la sorella maggiore, poi il muro di Huy viene avvicinato all’arrivo ed è altra cosa. Quando il traguardo viene posto in cima al muro ecco sbocciare la Freccia, che diviene amata, bramata, rispettata, non più sorella minore da guardare con un sorriso e basta, ma da osservare attentamente. Cresciuta. È bastata quella lingua d’asfalto, quel trampolino verso l’Altissimo, saranno le 7 cappelle che si trovano ai lati della strada, sarà la processione di bici, sarà la sofferenza nei volti degli atleti, sarà che è strappo verticale e i muscoli tirati a tutti chiedo l’intervento divino, è bastato quella lingua d’asfalto per elevarla a Classica con la C maiuscola.

Certo la Liegi è altra storia. Basta il soprannome: Doyenne, che vuol dire decana, in quanto più antica, in quanto più classica delle altre. Centenaria quest’anno. Una storia iniziata nel 1892, interrotta tra 1895 e 1804 per i litigi tra i primissimi organizzatori e il dominio di Léon Houa, che era pure pioniere, ma aveva già fama di pigliatutto, baffuto Merckx ante litteram, infine ripresa sino ai giorni nostri. Classica monumento, amata quasi come il Fiandre, quasi perché “i fiamminghi si sa che amano di più e meglio”, almeno secondo loro e Eddy Merckx che fiammingo lo era, ma a suo modo. Il Cannibale, unico cinque volte vincitore, il Fiandre lo bramava e desiderava, ma gli risultava molte volte indigesto, la Liegi invece l’aspettava e sulle cotês riusciva a trovare il volo. Quasi sempre. Roba da urlo, considerati anche i due podi dietro però a due maestri come Godefroot e De Vlaeminck. La rampa privilegiata sempre la solita: la Redoute, divenuta mitica, superiore, immagine stessa della Liegi. Ora le cose sono cambiate, la Redoute non è più decisiva e sono le asperità successive a spezzare la corsa, a frantumarla, renderla scoppiettante.

Da domani vedremo, sapremo, conosceremo. Le Ardenne ultima possibilità dei cacciatori di un giorno, degli amanti della gloria giornaliera. Poi sarà stagione da grandi giri. E sarà tutta un’altra storia.





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