Il 4 gennaio 1988 Arrigo, da pochi mesi allenatore del Milan, è chiamato dal Presidente a Arcore. Ecco un altro capitolo in esclusiva per Yupper del libro sull’allenatore di Fusignano.
Era opinione diffusa che Sacchi non sarebbe arrivato a mangiare il panettone. Era arrivato al Milan con un contratto annuale dal Parma, allora in Serie B, con la fama di essere un presuntuoso e forse anche violento con i suoi giocatori. Natale, invece, è passato ma il 4 gennaio del 1988 Silvio Berlusconi lo chiama a colloquio ad Arcore. Ecco quello che potrebbe essere successo.
La stanza è angusta, ma l’amaranto alle pareti dà una piacevole tranquillità. Le librerie tutte intorno sono zeppe di libri, oggetti, fotografie, fogli. Non c’è uno spazio libero, tutto è ricolmo fino all’eccesso. La scrivania invece è vuota: un recipiente dorato contiene tre penne, un portadocumenti in pelle. Il Presidente accoglie Arrigo Sacchi con un gran sorriso.
Di fronte alla scrivania, affianco alla porta d’ingresso, la televisione è sintonizzata su una delle reti del Presidente. In quel momento c’è un break pubblicitario.
“Dove va il piccolo mugnaio bianco?
Clementinaaaaaaaaa”.
Il Presidente accoglie Arrigo Sacchi con il suo solito buonumore. Si complimenta per la partita di ieri. L’aggettivo che ama usare è quello con cui ha descritto la partita del suo Milan ai giornalisti: straripante.
“Il merito”, dice il Presidente, “è anche suo, Signor Sacchi, bravo nel far giocare alla squadra un calcio spettacolare e redditizio insieme”.
“Ragazzi sono arrivati i nuovi Mostruovi
I Mostruovi son tremendi, una vera novità…”.
Arrigo Sacchi si distrae, la tv è a volume alto. Il Presidente la indica e dice che è stato lui la fortuna di quella marca. Senza la sua capacità visionaria di dare spazio nelle sue tv a marchi anche piccoli oggi molte di queste aziende non esisterebbero e non ci sarebbero tanti occupati nelle fabbriche che producono i giocattoli, i mobili, le pentole.
“Ehi Paolo.
Buongiorno Signor Parroco.
Non hai ancora aperto il bar? Senza il tuo espresso chi mi dà la forza per suonare le campane?”.
Il Presidente guarda incantato. Ha aperto soltanto la porta, la gente non aspettava altro. Colori, musica, persone che finalmente ti sorridono e ti dicono quanto è bello il mondo, quanta è bella la vita. Alcune volte quello che fa gli sembra una missione per far stare meglio tutti. Un po’ quello che vuole fare anche con il suo Milan, una squadra che incanti e per cui tutti prima o poi facciano il tifo. Una squadra da guardare ed ammirare. Il Presidente sarà contento quando gli avversari uscendo dal campo diranno ai giornalisti: “È stato meraviglioso guardare questa squadra dal vivo”.
“Zigulì è una pallina che mi fa sentire più carina
Zigulì è una pallina che la fa sentire più carina”.
Il Presidente parla del futuro. Il domani non è dei vecchi bacucchi della politica, del giornalismo, del calcio, se vogliamo restare al mondo di Arrigo Sacchi. Il futuro è delle persone che vogliono dire cose nuove. Il Presidente risottolinea la parola “dire”, perché oggi se non riesci a comunicare alla maggior parte delle persone puoi inventarti tutto quello che vuoi, ma resti comunque un signor nessuno.
“Novità?
C’è un bel regalo, mamma.
Un altro forno, ma se c’è l’ho già?
Ma non lo usi mai…”.
E Sacchi lui lo ha notato e voluto proprio per la sua capacità di parlare del calcio in maniera nuova, lontana dalle piccole beghe di cui ogni giorno i quotidiani sportivi si occupano. Il Presidente ha bisogno di guardare dall’alto accompagnato da persone che insieme a lui si spingono un passo più in là.
Il Presidente dice che non è un fatto di supremazia, voglia di essere il numero 1, qui si parla di valori, di una nuova società, di una nuova Italia, finalmente. L’italiano nascosto dietro le tonache della mamma o del parroco deve scomparire, lui vuole un nuovo italiano che guarda in faccia l’America e le dice quello che non va.
“Oh fermamose n’attimo, io gnela faccio più.
Dai, non fare lo stupido, domani c’è la gara
Ma che gara e gara, so’ cinquanta chilometri che stiamo camminando…”.
Il Presidente è certo, lui ci riuscirà. Con uomini come Arrigo Sacchi che ci credono, perché la fede è la forza che ti fa andare avanti nelle difficoltà.
Il Presidente lo congeda mentre il canale ricomincia il flusso normale delle trasmissioni. Il sorriso del Presidente è sincero, largo, contagioso.
Arrigo Sacchi non ha più voglia di pensare o solo di fermarsi un attimo per riflettere. Ha solo un desiderio: ricominciare a fare il prima possibile.
“ARRIGO. La Storia, l’idea, il consenso, la fiamma”
di Jvan Sica
Edizioni inCONTROPIEDE
187 pagine - 14,50 euro
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