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25.07
Tour e doping, l'inutilità dell'inchiesta del Senato francese

Epo al Tour 1998. Un'inchiesta del Senato francese ha rieseguito i controlli sul sangue dei corridori di allora. L'Uci comunque non intende eliminare dall'Albo d'oro i risultati di quell'edizione.

C’è un gran parlare del rapporto del Senato francese a proposito dei controlli antidoping a posteriori sul Tour de France del 1998. La notizia principale? Pantani si dopava. Epo.

Il doping è però un argomento decisamente complesso e ingarbugliato tanto che molte volte diventa difficile capirne effettivamente qualcosa ed è facile cadere nella banalità oppure nell’errore grossolano. Va quindi fatta chiarezza su quale era il problema e che cosa si deve intendere per doping per non far sì che il discorso doping-Tour venga frainteso.

Bisogna ritornare al 1998. Quell’edizione del Tour fu segnata dal più grande scandalo doping sino allora. L’affaire Festina. Doping di squadra. Ecco i fatti. Il 9 luglio, a due giorni dalla partenza da Dublino della corsa, la polizia doganale al confine tra Francia e Belgio ritrovò ingenti quantità di prodotti dopanti nell'auto di Willy Voet, massaggiatore della squadra Festina-Lotus. La squadra finì sotto l’occhio del ciclone e il 17 luglio i corridori vennero arrestati dalla Gendarmeria dopo le ammissioni del direttore sportivo Bruno Roussel.

Come andò a finire quel Tour lo sanno tutti: Pantani primo. Ulrich secondo. Bobby Julich terzo.

Diretta conseguenza dello scandalo Festina fu la creazione di un organismo predisposto alla lotta al doping il 10 novembre 1999: la Wada, World Anti-Doping Agency. Nei primi mesi del 2000 venne stilata una lista aggiornata delle sostanze dopanti, dal 2001 inoltre vennero istituiti controlli dettagliati per rinvenire nel sangue le tracce di eritropoietina sintetica, ovvero l’Epo di cui tanto si parla in questi giorni a proposito del Tour del 1998. Il primo corridore ad essere trovato positivo e quindi squalificato fu Bo Hamburger, ciclista danese del Team CSC.

Da allora il sistema dei controlli antidoping ha fatto certamente passi da giganti, è stato introdotto il passaporto biologico, ovvero il tracciamento di tutti i valori ematici dei corridori nei vari controlli a cui è stato sottoposto nella sua carriera. Valori anomali portano alla squalifica. Nonostante questo però la ricerca medica del doping corre a doppia velocità rispetto a quella dell’antidoping; ultima prova è la squalifica dei quattro velocisti giamaicani nelle cui stanze sembra siano stati trovati nuovi farmaci non ancora catalogati dalla Wada.

Se questa è la storia torniamo all’attualità, al rapporto realizzato dal Senato francese. A quindici anni di distanza le analisi sui corridori non servono a nulla, se non a sottolineare enfaticamente l’ovvio, se non a giustificare la squalifica a posteriori di Lance Armstrong, sentenza che ha lasciato il mondo del ciclismo perplesso e ferito.

L’inchiesta del Senato francese non ha fatto altro che sancire quello che tutti sapevano. Il ciclismo degli anni ’90 era uno sport fortemente dipendente dalla medicina. Bastava concentrarsi sulle medie orarie, sulle facce degli atleti a fine tappa per capirlo. C’è però un punto da chiarire in tutta questa vicenda. Sino al 2001 non è stato possibile rintracciare l’Eritropoietina nel sangue degli atleti e il discrimine tra il poter correre e il non poter correre era segnato dal livello di ematocrito: entro i 50 punti si era idonei, dopo i 50 punti si veniva sospesi perché considerati malati e a rischio trombosi, non perché considerati dopati, che poi era la stessa cosa idealmente, ma non formalmente. Queste erano le regole, sebbene l’Epo fosse stata introdotta all’interno della lista delle sostanze dopanti sin dal 1991.

C’è da aggiungere poi un'altra considerazione. Leggendo attentamente le carte dell’inchiesta del Senato francese risulta evidente un dato. I ciclisti che sicuramente assunsero Epo sono diciotto, quelli che probabilmente assunsero Epo sono dodici, quelli che avevano valori sospetti sono sessantatré. In totale novantatré. Quel Tour lo conclusero in novantasei. Dire quindi che i successi di Pantani fossero effetto del doping risulta quindi difficilmente credibile: se tutto il gruppo assume certe sostanze è impensabile che chi vince lo faccia in modo totalmente pulito. A questo punto e solo a questo punto è  possibile chiedersi se Pantani abbia vinto perché assumeva più sostanze proibite dei suoi avversari. Per rispondere bisogna però chiarire cos’è l’Eritropoietina e in che modo vada ad agire sul corpo umano. Essa è un ormone glicoproteico prodotto naturalmente dagli esseri umani che ha come funzione principale la regolazione dell'eritropoiesi, ovvero la produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo. È per questo motivo che il valore di ematocrito, ovvero la percentuale di globuli rossi nel sangue, rappresentava un indizio allora della possibile assunzione di Epo. L’ematocrito di Pantani durante la corsa francese oscillava tra il 47.8 e il 48.6, mentre normalmente, lontano dalle gare si attestava sui 47.7. Altro discorso per altri, vedi Julich. L’americano aveva normalmente un tasso di ematocrito di 44.1, mentre durante le tre settimane di corsa si era alzato sino ai 49.3.

Non è quindi solo Pantani il dopato, ma era uno sport intero ad esserlo. Quindi le sue vittorie non devono e non possono essere messe in discussione. Ad essere messo in discussione invece dovrebbero essere tutte quelle persone che su questo sport hanno fatto la loro fortuna, tutti quei manager, burocrati, uomini delle istituzioni sportive e non che hanno mascherato e protetto gli interessi farmaceutici legati allo sport. E non solo al ciclismo. Se davvero il Senato francese volesse fare chiarezza e pulizia come ha scritto e come continua a sbandierare a più voci sui mass media, dovrebbe colpire chi ha permesso tutto ciò, non chi, molte volte sbagliando, è comunque vittima di tutto questo gioco.





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